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La libertà di stampa contro la verità dei fatti? La tristezza dei processi mediatici

Ha destato scalpore, scuotendo l’opinione pubblica, la vicenda giudiziaria di qualche settimana fa che ha visto coinvolto il dirigente medico, primario f.f. dell’U.O.C. di Radiologia presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria (AOU) San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno. Il fatto ha avuto origine dalla denuncia di una donna che, recandosi presso gli ambulatori del nosocomio salernitano per un’indagine diagnostica, lamentava un presunto abuso sessuale ai suoi danni da parte del suddetto sanitario che la stava visitando. Di questa tristissima storia bisogna sottolineare due importanti circostanze. La prima, è il processo mediatico a cui è stato sottoposto il primario da diversi organi di stampa senza l’evidenza di una prova certa. Hanno emesso una sentenza di condanna passata in giudicato senza tener conto che si era nella fase delle indagini preliminari, momento importante, che serve a stabilire se una persona sia coinvolta o meno in un reato. In questo primo step del procedimento penale il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono le indagini necessarie per le determinazioni relative all’esercizio dell’azione penale, ne consegue che gli inquirenti devono acquisire anche gli elementi a favore dell’indagato – ex art. 358 c.p.p. – perché le indagini preliminari servono esclusivamente a stabilire se ci sono i presupposti per l’esercizio dell’azione penale. L’articolo citato è anche una sorta di garanzia a favore della persona sottoposta ad indagini. Se l’indagato, poi, dovesse essere rinviato a giudizio assume la condizione di imputato. Per cui il dirigente medico del San Giovanni di Dio, essendo sottoposto ad indagini, ricopre lo status di indagato con tutte le garanzie previste dalla normativa vigente. Non si riesce a comprendere, pertanto, su quali prove le agenzie d’informazione abbiano basato la loro accusa nei confronti dello specialista, posto che la Carta Costituzionale all’art. 111 afferma che la prova si forma nel processo in contraddittorio tra le parti. 

L’altro aspetto della questione è quello legato alla libertà di stampa e ai limiti entro cui essa può agire. Le notizie che hanno raccontato gli avvenimenti giudiziari in cui è stato coinvolto il suindicato medico, hanno travalicato gli steccati in cui opera tale libertà facendo gossip più che informazione. Questo tipo di giornalismo è odioso e non è formativo per la collettività. In particolare la cronaca giudiziaria – sia in ambito civile che penale – è spesso terreno di intrusioni indebite da parte dei media che infarciscono l’informazione di pettegolezzi e morbosità. Per cercare di fare ordine, il principale punto di riferimento rimane certamente la libertà di espressione disciplinata dall’art.21 della Costituzione. Un principio sacrosanto che per il giornalista si coniuga in diritto di cronaca – e di critica – nel rispetto di un requisito formale che è la verità dei fatti. Esiste un limite alla libertà di espressione ed è il rispetto “dell’altrui reputazione” che, se offesa, configura il reato di diffamazione di cui art. 595 c.p. 

Concludendo, il percorso giudiziario andrà avanti ma lascia aperti alcuni interrogativi: perché sono state specificate le generalità del sanitario con tanto di foto e della persona offesa non si conoscono neanche le iniziali del nome? Se esiste la segretezza sugli atti d’indagine, per evitare che la diffusione di notizie relative all’inchiesta possa incidere sull’obiettività della decisone e sulla reputazione dell’indagato, perché è stato diffuso un comunicato anonimo proveniente dalla Questura di Salerno – cfr. articolo del 15.06.2020 Quotidiano di Salerno – “col quale è stato pubblicizzato l’arresto del medico e la sua sospensione per un anno da tutte le attività”? Non è forse questo un pregiudizio arrecato all’immagine del primario? L’unica certezza che si ha in questo momento è quella di affidarsi agli organi preposti affinchè chiariscano i contorni di questo evento raccapricciante. 

(Francesco Di Vice)

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