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Italiani razzisti? Reagiamo con fiducia e intelligenza alla paura del diverso

Adesso basta. L’Italia non deve essere razzista. Il nostro Paese non deve discriminare le persone per via del colore della pelle. È giunto il momento di lanciare un messaggio forte e chiaro contro ogni forma di razzismo.

Tutte le “persone di buona volontà”; tutti i laici ed i religiosi prendano coscienza del grande problema cui la società italiana vaincontro. Tutti si adoperino, senza se e senza ma, per l’integrazione tra culture differenti.

Mi rivolgo, soprattutto, alle parrocchie, alle comunità cristiane, all’associazionismo cattolico affinché combattano ogni forma di razzismo e di discriminazione fondata sulla mera discriminazione del colore della pelle.

Mi chiedo: si può stare in Chiesa, credere in Gesù straniero, pellegrino, giudeo e perseverare in un silenzio quasi omertoso su questo tema così significativo e rilevante ai fini della salvezza della società? Inizio ahimè a pensare spero che mi sbagli che molte persone che frequentano le parrocchie non hanno chiaro l’insegnamento di Gesù riguardo all’accoglienza del diverso.

Ed allora bene ha fatto il cardinale Gianfranco Ravasi a sottolineare, durante la recente vicenda della nave Aquarius con i tantissimi profughi a bordo, il versetto del Vangelo secondo cui “ero straniero e non mi avete accolto (Mt 25,43). Dopo avertwittato questa provocazione, il card. Ravasi, illustre teologo della Chiesa, è stato ricoperto di insulti di ogni genere da parte dei “leoni della tastiera”; insulti che ai cristiani non devono interessare, perché la difesa dell’uomo debole e sofferente viene prima di ogni cosa. Sia chiaro: i profughi non vengono in crociera, ma scappano da guerre sanguinose, da torture, da prigioni in cui non vale alcun diritto. Quando sbarcano in Italia, essi devono rispettare le nostre leggi, devono iniziare un percorso di conoscenza della realtà in cui si trovano. Se ciò non accade, non vuol dire che debbano essere emarginati.

Sulla stessa linea è il vescovo di Bologna mons. Matteo Maria Zuppi secondo cui, di fronte al dolore di chi perde la vita, “non ci si divide. Si mettono da parte le contrapposizioni e ci si vergogna di quel gusto un po’ da protagonisti digitali di dirsi contro. Dobbiamo essere tutti dalla parte delle vittime”. L’arcivescovo Zuppi non ha dubbi su questo tema. Egli sottolinea la necessità di “disinquinare l’aria intossicata da rabbia, cinismo e banale egoismo”. Egli esorta a non arrendersi al male, alla stolta logica di non dare da mangiare a chi ha fame. Il giudizio è per tutti, la divisione non è tra credenti e non credenti, ma tra giusti e non giusti. Nessuno pensi di essere dalla parte giusta, il giudizio inizia da oggi. Dobbiamo essere noi il porto, accogliere ci aiuta a essere accolti. La memoria dei morti ci aiuti a difendere i vivi e a scegliere con intelligenza, determinazione ed efficacia quella umana via per cui ero straniero e mi avete accolto”. La Chiesa non fa politica, ama i suoi figli”. I profughi sono “morti di speranza,essi sfidano la morte per un disperato bisogno di futuro, perché scappano da morte sicura. E lo fanno anche per altruismo, per amore verso i loro cari, come facevano i nostri nonni emigranti. Salgono sui barconi consapevoli del rischio, ma la disperazione è più forte della paura”.

Tornando a chi in Italia compie ogni giorno atti di chiara matrice razzista, ritengo che non è possibile offendere, segregare, picchiare chi ha il colore della pelle nera. Non è pensabile che nel 2018 ci sia ancora gente che alza muri contro chi è ritenuto “diverso”. Dov’è finita l’integrazione? Dov’è finita l’accoglienza sana e bella? Perché anche nel Bel Paese ci si sta abituando a questo genere di cose? Perché i cattolici, innanzitutto, restano in silenzio?

E ancora qualche altra domanda: è mai possibile pestare a sangue una persona soltanto perché ha il colore della pelle nera? È lecito cacciare dall’Asl un africano dicendogli che questo non è l’ufficio del veterinario? È tollerabile lanciare delle uova ad una campionessa italiana che è nata da genitori nigeriani? Perché bisogna offendere le quattro staffettiste di colore della 4×400vincitrice della medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo? Perché sparare contro gli immigrati, pochi giorni prima delle elezioni politiche di marzo 2018 a Macerata, è ritenuta una cosa normale?

E, ancora, c’è da osservare: sparare dalla finestra della propria abitazione con un fucile a piombini nei confronti di una bambina rom in braccio alla madre, procurandole delle lesioni probabilmente permanenti, è davvero una cosa tremenda. Più tremenda è però la giustificazione del “non volevo”, “non credevo” tipica delle persone vigliacche.

A Napoli e a Forlì ci sono stati due episodi simili con la vittima che passa per strada e lo sparatore che gli s’affianca in auto, una mano sporge dal finestrino, impugna una pistola ad aria compressa, dalla pistola partono i colpi. Quando lo sparatore è in movimento, mira al bersaglio grosso, la pancia. A Forlì c’era un gruppo di neri in attesa dell’autobus, gli sparatori si sono avvicinati in auto e hanno sparato nel mucchio, più colpi, a caso, ferendone due. La tecnica di “sparare nel mucchio” indica che l’odio (perché nel razzismo c’è odio) non va su uno in particolare ma sul mucchio, la massa. Una volta avremmo detto, e gli sparatori ancora dicono, “la razza”. 

Potremmo continuare con altri episodi allarmanti. In provincia di Vicenza uno del posto ha ferito un immigrato, ma sostiene che aveva mirato a un piccione. Verrebbe da chiedersi: il “tiro al negro” è, inconsciamente, un nuovo “tiro al piccione“? L’immigrato lavorava appeso a un’imbragatura, in alto, e una donna lo aveva pregato di pulirle il tetto dalle foglie. La richiesta lo ha fatto sentire utile e rispettato, gli ha fatto bene. Per fortuna non andrà via dall’Italia, gli hanno sparato un piombino e gli hanno fatto male, ma quel bene è più grande di questo male.

E allora: l’Italia non è e non deve diventare il far west. Ce lo ricorda il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Se tra gli immigrati ed i profughi ci sono delinquenti, essi devono essere sanzionati dalle forze dell’ordine e dalla magistratura, non certo da improvvisate ronde ovvero da giustizieri privati.

I gravi episodi di violenza verbale e fisica “contro i negri” che si stanno ripetendo in questi giorni da nord e sud sono troppi. Occorre non solo stigmatizzarli, ma debellarli con ogni forza; occorre far crescere i semi della pacificazione sociale, dell’integrazione, dello stare insieme tra culture e tradizioni diverse.

Ma vi è di più. Quale coerenza c’è per quanti, da un lato, insultano in malo modo gli africani e, dall’altro, beneficiano delle loro raccolte di insalatina, pomodori, rucola ed ogni altro genere di frutta e verdura? Perché questi eroi dell’insulto non dicono una parola contro i caporali, contro coloro i quali gestiscono i centri di accoglienza spesso senza rispettare la legge? E una parolina contro la camorra, la mafia, l’ndrangheta che gestiscono la tratta dei profughitornerebbe altrettanto utile

Bene ha fatto il presidente Mattarella a ricordare che “la schiavitù – dichiarazione nella giornata mondiale contro la tratta di esseri umani – ha rappresentato una delle maggiori vergogne dell’umanità. Oggi si deve ribadire la condanna e la battaglia della comunità internazionale contro ogni forma di schiavitù, vecchia e nuova. “Si tratta di degenerazioni della nostra società, piaghe da eradicare con fermezza che interrogano le nostre coscienze e ci chiamano a una reazione morale, a una risposta adeguata con un maggiore impegno culturale e civile. Terreno agevole per queste nuove forme di schiavitù è il fenomeno migratorio. Ogni giorno migliaia di persone pongono a rischio la propria vita e quella dei propri cari per mare e per terra, in condizioni disperate; una tragedia figlia delle guerre, della povertà, dell’instabilità dello sviluppo precario, alimentata e sfruttata da ignobili trafficanti di esseri umani, che li avviano a un futuro di sopraffazioni: sfruttamento lavorativo, adozioni illegali, prelievo di organi, reclutamento da parte della criminalità organizzata, sfruttamento sessuale.

Senza voler essere blasfemi, sembrano attualissime le parole di Martin Luther King che sognava per i suoi quattro figli un futuro dove non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per chisono nel cuore. Vale la pena ricordarlo: la rivolta ferma, pacifica e non violenta di M. L. King iniziò quando nel 1955 Rosa Parks,sarta e attivista di colore, venne arrestata perché si era rifiutata di cedere il posto a un bianco su un autobus. In King scattò qualcosa e decise che non era più possibile sopportare in silenzio l’ingiustizia.

Speriamo che gli autori degli atti razzisti e delinquenziali prendano coscienza dei propri errori; i loro fans smettano di seminare odio.

Speriamo anche che lo sport e la scuola facciano la propria parte, perché vedere la Francia campione del mondo piena di giocatori di colore provenienti da Paesi africani è un bel segnale per la convivenza e l’integrazione tra i popoli. Così come il vedere sugli stessi banchi della scuola bambini e ragazzi di pelle, culture, tradizioni, religioni diverse può essere importante ai fini della sconfitta del razzismo.

In ultimo, mi fa piacere ricordare la vicenda di Fassar MarcelNdiaye, giovane senegalese per il quale il paese di Castelbelforte, nel Mantovano governato da un sindaco leghista, si è mobilitato con una petizione per evitare l’espulsione e consentendo al giovane di ripresentare la documentazione per ottenere un permesso di soggiorno. (Marcello Capasso – Coordinatore CS)

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