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Treofan, dalla piazza al Palazzo: trattative estreme dopo il licenziamento

BATTIPAGLIA – Giunta a una drammatica svolta, la vicenda della Treofan smuove finalmente anche la diplomazia internazionale. Stamattina il Mise ha convocato Reenat Sandhu, ambasciatrice dell’India. La triste vicenda dello stabilimento battipagliese, approdata venerdì scorso al deplorevole licenziamento dei 65 dipendenti battipagliesi, si sposta ai piani alti della politica. Dalla fabbrica alla piazza; dalla piazza al Palazzo. 

Il Governo si decide ad ascoltare l’ambasciatrice indiana in merito alla politica industriale condotta dal gruppo industriale del suo Paese, per acquisire elementi utili con cui valutare se sussistono ipotesi di speculazione circa la repentina cessione della Treofan Europe dalla M&C all’indiana Jindal.

Se il licenziamento è giunto tanto frettoloso quantoingiustificato sulla testa delle unità attive nello stabilimento di Viale Spagna 26 a Battipaglia, s’intende ora capire che cosa abbia motivato una soluzione tanto drastica. Va così snodandosi una cordata ‘estrema’, a livello provinciale, regionale e nazionale, nella speranza che non sia troppo tardi. A Salerno, in Prefettura, stamattina è stata chiesta l’istituzione di un tavolo permanente; a Napoli, la Regione Campania è stata sollecitata rileggere gli accordi di programma presi con i precedenti proprietari dell’azienda; a Roma, infine, si terrà a breve un’altra interlocuzione ufficiale al Ministero dello Sviluppo Economico con i rappresentanti del gruppo indiano e, per la prima volta, anche con quelli della M&C.

La domanda senza risposta, infatti, resta: se a Battipaglia, a Terni e a Neunkirchen in Germania gli stabilimenti della Treofan contribuivano a fatturare più di 271 milioni di euro, come mai la Management&Capitali di Carlo De Benedetti decise di “svendere” la Treofan Europe alla multinazionale indiana Jindal a soli 500mila euro? Potrebbero entrare in scena la Consob e l’Antitrust.

I primi a chiedere chiarezza sono, evidentemente, gli ex dipendenti.

È stato un weekend di fuoco: hanno già chiesto ed ottenuto da Giorgio Sorial, vice capo Gabinetto del Mise, l’impegno di immediata riapertura del tavolo tecnico al Mise, già atteso lo scorso giovedì 24 e ingiustificatamente sfumato dopo le prime interlocuzioni dell’8 e dell’11 gennaio. Ed esigono che siano, a questo punto, onorati gli obblighi di tutela sociale. Chiedono che il Ministero dello sviluppo economico promuova iniziative legislative che impediscano l’acquisto di altre aziende o di loro articolazioni; dal canto suo, la Regione Campania dovrà riprendere in mano il contratto di programma un tempo siglato con la Treofan, per evidenziare gli obblighi oggiin capo alla Jindal.

Per ora, una sola certezza: dopo quaranta giorni trascorsi a presidiare l’area esterna dello stabilimento, nel vano tentativo di scongiurare il peggio, alla fine gli operai della Treofan Italy sono davvero “rimasti fuori”, perché il peggio è arrivato. Venerdì scorso la fabbrica è stata chiusa ed è stata attivata la procedura di licenziamento collettivo. Tutta colpa dell’Ebitda, l’indicatore di redditività che, a detta del vertice manageriale della Jindal, ha evidenziato un calo insostenibile della performance economica del gruppo nella zona euro, con ricadute perlopiù definite in termini gestionali ed operativi. A pagarne le spese è stato ‘soltanto’ lo stabilimento battipagliese, per via dell’esigua capacità produttiva e per via della bassa tenuta tecnologica, a confronto con gli altri poli, in particolare con lo stabilimento Jindal di Brindisi.

Un esito infausto, da giorni preannunciato, che – ancora fresca la notifica del licenziamento – ha subito indotto gli ‘estromessi’ della Piana del Sele a manifestare al Palazzo comunale. Uno sfogo estremo, comprensibile,quello di sabato mattina, davanti alla sindaca Cecilia Francese e a molti politici e sindacalisti lì convenuti per un convegno ambientalista che era stato organizzato dal Comitato “Battipaglia dice No”. Uno sfogo lecito, comprensibilissimo, anche perché – esclusa lapossibilità dei ricollocamenti interni e della cassa integrazione – gli ex 65 dipendenti battipagliesi non ci stanno ad accettare le “soluzioni socialmente accettabili” in fretta prospettate da Manfred Kaufmanne Deepak Jain, rispettivamente Chief Executive Officere Chief Financial Officer della Jindal Films Europe. Dal Lussemburgo, da dove è pervenuta la comunicazionerisolutiva, è giunta una labile promessa per sanare il torto subito: “il management farà tutto quanto in suo potere.” Nessuno ci crede, molti lo sperano. (g. f.)

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