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Stato, economia e pandemia: la “silente infiltrazione” delle mafie

Che il Covid-19 potesse essere la gallina dalle uova d’oro per le organizzazioni criminali era un sospetto che sin dal primo lockdown albergava nella mente di quanti ogni giorno sono impegnati nel contrasto delle mafie e della corruzione.
Indifferenti alla morte di migliaia di persone, al dolore dei cari e alle sorti dell’umanità, le consorterie clandestine dedite a loschi affari e traffici illeciti potrebbero aver prontamente colto l’occasione di far fruttare tanta sofferenza.
Che quel sospetto fosse ragionevole ne dà oggi conferma la Direzione Investigativa Antimafia (DIA), nella relazione che il Ministro dell’Interno ha tenuto di recente al Parlamento, relativa al II semestre del 2020, alla stagione cioè delle grandi (ed incaute) riaperture che avrebbero scatenato la seconda ondata dei contagi.
Il Rapporto dà conto dei “rischi potenziali” delle infiltrazioni criminali nei gangli del sistema economico e nelle istituzioni della Repubblica.
Rischi che, a partire dal marzo 2020, potrebbero aver compromesso il sistema-Paese, ma che non si sono ancora tradotti in evidenze giudiziarie rilevanti. Bisogna infatti attendere che quel sistema porti i suoi frutti, ossia esprima gli esiti dei processi amministrativi, economici e politici che lo hanno animato, per capire se c’è stato e quale sia stato lo scostamento dalla norma e la matrice che lo ha determinato.
È perciò significativo che la Relazione della Direzione investigativa antimafia al Parlamento esordisce con un dato di contesto che è un dato di fatto: “Nel secondo semestre del 2020 il perdurare dell’emergenza sanitaria da COVID-19 ha accentuato le conseguenze negative sul sistema sociale ed economico italiano originate dalle severe misure rese necessarie per contenere l’espandersi del contagio.” Se il sistema si è ritrovato – per così dire – sotto sforzo, non è da escludere che la criminalità organizzata si sia adattata allo stress, per trarne guadagni inattesi.
Se l’ipotesi dovesse, tra qualche mese, essere verificata, la cosa non dovrebbe sorprendere. Le organizzazioni criminali sono brave a far questo, perché campano di questo: le mafie s’insidiano nell’interstizio in cui la legalità può cedere il passo alla corruzione, al bivio in cui l’opzione tra il bene e il male si fa possibilità stridente e, complice una congiuntura critica come quella pandemica, per indurre la gestione esterna come via unica d’uscita, impattando con le fragilità del sistema. È il dispositivo d’ogni sopravvivenza parassitaria, che s’insinua nei tessuti sani, in barba alle leggi dello Stato, a danno dei cittadini.
E dunque la domanda: se le mafie avessero prestato denaro agli imprenditori che non riuscivano a tener testa alle chiusure imposte per decreto? Occorreva oltretutto corrispondere ai dipendenti e pagare i fornitori, se non anche liquidare le spese per l’affitto. Le mafie possono subentrare nella gestione dell’azienda, con la promessa che l’attività non s’estingua.
L’emergenza Covid potrebbe cioè essere stata la ghiotta opportunità di rilevare aziende in crisi, perlopiù a costi ridotti, con una duplice convenienza: acquistare imprese a buon mercato e curvare i meccanismi statali di erogazione dei fondi pubblici secondo gli appetiti delle organizzazioni criminali. Paghi uno, prendi due.
Il rapporto della Direzione investigativa antimafia parla chiaro: “Della difficoltà finanziaria delle
imprese potrebbero approfittare le organizzazioni malavitose, per altro sempre più orientate
verso una sorta di metamorfosi evolutiva volta a ridurre le strategie cruente per concentrarsi
progressivamente sulla silente infiltrazione del sistema imprenditoriale. I sodalizi mafiosi infatti potrebbero utilizzare le ingenti risorse liquide illecitamente acquisite per “aiutare” privati
e aziende in difficoltà al fine di rilevare o asservire le imprese in crisi finanziaria. Tale strategia mafiosa si rivelerebbe utile anche per il riciclaggio e per l’infiltrazione nei pubblici appalti.”
Insomma, un’nfiltrazione lenta e capillare nel tessuto socio-economico del Paese da parte dei gruppi mafiosi, il cui fiuto per il denaro – Falcone docet – è sempre stato noto agli inquirenti e agli imprenditori ritrovatesi vittime del malaffare.
Il periodo di grave crisi avrebbe, in sintesi, offerto alle organizzazioni l’occasione sia di poter rilevare a buon mercato imprese in difficoltà, sia di accaparrarsi le risorse pubbliche stanziate per fronteggiare l’emergenza sanitaria.
Non vi sono riscontri giudiziari significativi, ma si legge ancora nella Relazione: “Durante il perdurare dell’emergenza sanitaria, la tendenza ad infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale “sano” si sarebbe dunque ulteriormente evidenziata.”
Una vera e propria strategia criminale, invero nota ad un’altra categoria professionale, quella dei colletti bianchi. Lo scenario pandemico avrebbe di fatto irrobustito la strategia di varie organizzazioni criminali, innanzitutto di Cosa Nostra, ma anche di Camorra ed ‘Ndrangheta, pressoché accomunate da una costanza d’interesse a dilatare il cerchio delle negoziazioni occulte con i colletti bianchi, com’ è provato dai vari reati contro la Pubblica Amministrazione.
Nelle conclusioni, la Relazione focalizza la dinamica di adattamento in atto: “Le più recenti attività info-investigative confermano come le organizzazioni criminali di tipo mafioso, nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, abbiano negli ultimi anni implementato le loro reti e capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale, con linee d’azione di silente infiltrazione.”
Da un’ipotesi tutt’altro che peregrina in via di accertamento ad un avvertimento tutt’altro che provocatorio, anzi dai contorni inquietanti che giungono finanche a collimare con i margini della grande opera di ricostruzione che trova fondamento nel Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza (PNRR). È un’inquietudine di cui s’impregnano le parole finali che siglano la Relazione: “Con questa capacità imprenditoriale le mafie potrebbero rivolgere le proprie attenzioni operative verso i fondi comunitari che giungeranno a breve grazie alle iniziative del Governo per assicurare un tempestivo sostegno economico in favore delle categorie più colpite dalle restrizioni rese necessarie dalla nota emergenza sanitaria.” (Giuseppe Falanga)

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