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La nuova moschea in città: da motivo di contrasto a occasione di dialogo multiculturale

La comunità musulmana di Battipaglia e della Piana del Sele, aderente a “Fratellanza Musulmana”, non pregherà più nella moschea di via Ripa bensì nei nuovi locali appositamente allestiti in via Benevento. La notizia ha suscitato qualche polemica in città.
Infatti, anziché preoccuparsi prioritariamente degli atavici problemi del Comune, qualche politico locale ha colto l’occasione per esprimere la sua indignazione per la scristianizzazione dell’Italia, come se ignorasse che la laicizzazione della nostra società e la perdita di tradizioni sono gli effetti di un fenomeno sociologico che ha radici lontane nel tempo e che prescinde dall’immigrazione straniera. A parte che è un dato di fatto che a sollevare il problema del crocifisso nelle scuole italiane non è stato né un musulmano né un extracomunitario, bensì la casalinga atea Soila Lautsi, italiana ma di origine finlandese, credo che un amministratore pubblico dovrebbe quantomeno conoscere i principi della nostra Costituzione repubblicana.
Appare evidente che sia necessario un ripasso della legge fondamentale dello Stato.
All’art. 8, i padri costituenti stabilirono che “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge” e che ”le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”. L’art. 19 aggiunge che “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.
È altresì consigliabile, soprattutto per chi si professa cattolico, pure una lettura approfondita del Vangelo di Matteo, che recita: “ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo, perché […] ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25, 34-35).
Inoltre, non va trascurato neppure un approfondimento del Libro Terzo del Codice civile che, all’art. 832, dispone che “il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”.
Detto ciò, perché ci si scandalizza che la comunità islamica battipagliese, a sue spese, prenda in locazione dei locali terranei di un condominio per adibirli a proprio luogo di culto?
Ci si lamenta per la carenza di parcheggi nella zona, dove dovrebbe essere trasferita la “moschea” cittadina, senza chiedersi come sia stato possibile perpetrare una lurida speculazione edilizia, senza garantire la dotazione minima di standard urbanistici prevista dal DM 1444 del 2 aprile 1968. Eppure, proprio a pochi passi dal palazzo che ospiterà la nuova sede del centro di culto islamico, con i suoi sette piani, svetta incompiuto uno dei simboli dello scempio del territorio, ma a spaventare è una presunta invasione di novelli “Saraceni”, rei di attentare all’identità cristiana della nostra comunità. Non ci s’interessa minimamente, invece, delle necessità spirituali dei ben 4155 immigrati regolari (pari a poco più dell’8% della popolazione residente totale) che, col loro lavoro, assicurano il progresso economico della nostra città.
Nel frattempo, si assiste distratti all’avvento di un nuovo sacco edilizio, “giustificato” dalla mancata realizzazione del PUC. Sarà il caso di ricordare che, in quanto membri dell’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo del Comune, più che pensare alla fede dei propri concittadini, i consiglieri comunali dovrebbero occuparsi di ben altro.
Sarebbe auspicabile, infine, dare una rispolverata anche a qualche libro di storia. Magari ci si accorgerà che la civiltà italiana è frutto di quel crogiuolo culturale che è stato e continuerà a essere questo ponte tra il continente europeo e il bacino del Mediterraneo, in cui abbiamo la fortuna di vivere. (Dino Rosalia)

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