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Che cosa significa oggi il 25 aprile per un italiano?


Ricorre oggi la Festa della Liberazione. Sì, la liberazione dal peggiore dei totalitarismi, il nazifascismo, che scientemente uccideva, massacrava, operava esperimenti sugli uomini, discriminava in modo razziale, deportava, torturava, compiva stragi, occupava territori stranieri sterminando le popolazioni con violenze di ogni genere e voleva fondare un nuovo ordine mondiale basato sulla sua “onnipotenza”. La Festa della Liberazione deve, però, unire il popolo italiano; non può essere strumentalizzata per la propaganda politica. Tutti dobbiamo fare memoria delle vittime della Seconda Guerra mondiale e, soprattutto, di coloro i quali hanno permesso al nostro Paese di tornare ad essere libero. Sarebbe forse opportuno imitare i francesi che sono riusciti a fare di un avvenimento divisivo quale fu la presa della Bastiglia del 14 luglio 1789 una festa nazionale in cui tutti si sentono figli della loro terra. Senza polemizzare. Festeggiare il 25 aprile per gli uomini e le donne italiane e cristiane di Azione Cattolica significa seminare il bene comune in ogni angolo delle città, nei quartieri poveri ed in quelli ricchi, dove c’è disperazione, dove regna la rassegnazione perché mancano le condizioni minime per una vita dignitosa. Per non dire di quelle realtà in cui sembra che tutto vada bene, tutto sia bello, ma mancano le relazioni umane, quella socialità che fa crescere veramente il genere umano. In questo compito ci aiuti la gloriosa storia dell’Azione Cattolica Italiana, quella dei “ribelli per amore”, valorosi laici giovani che, ispirandosi al Vangelo, diedero la vita per un’Italia libera e democratica. Tra questi possiamo ci sono Giuseppe Bollini di Legnano: rifiutò di arruolarsi nella Repubblica di Salò, salì in montagna e combattè i nazifascisti che lo catturarono ed uccisero l’8 febbraio 1945. E Teresio Olivelli, uomo della Resistenza e rivolta morale. Ed ancora Odoacre Focherini che, insieme a Don Dante Sala, salvò numerose vite   prima di essere deportato nel lager di Hersbruck, dove morì il 27 dicembre 1944, assistito proprio da Olivelli. Un altro esempio da imitare è Gino Bartali che, come Focherini, ha ricevuto il titolo di “Giusto tra le Nazioni” per aver salvato tanti ebrei; Bartali, oltre a vincere per le due prodigiose prestazioni ciclistiche prima e dopo la Seconda Guerra mondiale, si adoperava per dotare gli ebrei di documenti falsi che nascondeva nella canna della bicicletta. E come non citareGino Pistoni? Faceva parte delle formazioni garibaldine in Valle d’Aosta. E ancora Aldo GastaldiBisagno,il primo partigiano d’Italia, il padovanoLuigi​ Pierobon, comandante della   brigata “Stella” all’interno della divisione garibaldina “Ateo Garemi”, fucilato dai fascisti, i   garibaldiniBenigno Zaccagnini e Pietro Pironi,giovane dirigente della Giac nel riminese, poi giustiziato in Germania, l’umbroAntero Cantarelli, presidente diocesano della Giac di Foligno, i martiri veneti Flavio e Gedeone Corrà… Durante la loro lotta per la libertà ripetevano con gioia “Nella tortura, Signore, serra le nostre labbra. Spezzaci, non lasciarci piegare. Ti preghiamo, Signore, noi ribelli per amore.”
La strada è lunga e difficile, ma credo sia finito il tempo dello stare nelle salette o nelle stanze virtuali e sia arrivato il tempo della testimonianza credibile, come richiedeva anche ilGiudice Rosario Livatino di cui tra poco celebreremo la beatificazione per l’opera di amore per la propria terra, di servizio indefesso per le Istituzioni e per il martirio a causa della giustizia. ​

(Avv. Marcello Capasso – Coordinatore CS)

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