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Angelo Scelzo e i cinquant’anni di Avvenire: “Avvenire al centro di passaggi storici importanti.”

di Stefano Pignataro

Un percorso storico ed editoriale, quello di “Avvenire”, la cui storia è già storia. Fu fondato a Milano cinquant’anni fa, nel 1968, dalla fusione di due importanti quotidiani cattolici, “L’Italia” (con sede a Milano) e “L’Avvenire d’Italia” con sede a Bologna e fondato dal sociologo Giovanni Acquadernie dall’imprenditore Giovanni Grosoli. Una voce, quella di Avvenire, che nel corso della storia post-repubblicana si è imposta e si è fatta strada non distogliendo mai la meta dal fine di un’approfondita comunicazione e di un sano rispetto di valori cattolici ed umani. 

Avvenire, pur essendo un giornale di ispirazione cattolica, ha sempre manifestato e garantito un’analisi di un vasto corpus di argomenti anche per un pubblico laico. Una peculiarità primaria per un confronto democratico.

Giornalista di lungo corso, già Vicedirettore della Sala Stampa vaticana, Angelo Scelzo, che di Avvenire è stato per lungo tempo una firma illustre, ripercorre la storia del quotidiano con un’opera dal titolo “La questione meridionale del quotidiano cattolico”, con il sottotitolo “Cronache del Sud (e anche un po’ di storia” (Edizioni Pontificio Santuario Pompei, 2018).  

Nel 1972, quattro anni dopo la sua formazione, il quotidiano cattolico approdò a Pompei per ricreare e per ricongiungere un’identità nazionale che si era persa in particolar modo per il Mezzogiorno, onorando così la vocazione di una comunicazione compatta già auspicata da Paolo VI. Il Pontefice auspicava da tempo la creazione di un organo di informazione valido. 

Angelo Scelzo ha illustrato, dettagliatamente ed analiticamente, la storia editoriale di Avvenire in occasione dell’incontro promosso dal Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic) “Don Guido Terranova” della Diocesi di Salerno tenutosi a Salerno lo scorso 8 febbraio. 

Ad introdurre il giornalista salernitano il Presidente Francesco Fasolino ed il Vicepresidente Rocco Pacileo. L’incontro è stato organizzato in stretta collaborazione con l’Azione Cattolica diocesana nella persona del Presidente Gioia Caiazzo. Abbiamo rivolto a Scelzo alcune domande.

P. – Dott. Scelzo, nelle intenzioni dell’editore, Avvenire non si sarebbe dovuto presentare, ufficiosamente, come un giornale “della Chiesa”, poiché ciò avrebbe permesso una critica facile: sarebbe stato sicuramente bollato come una copia del già esistente “L’Osservatore romano”…

S. – Si, è così. Avvenire e l’Osservatore romano sono due strumenti di comunicazione diversi. Avvenire è il giornale dei Vescovi italiani, l’Osservatore romano è l’organo ufficiale della Santa Sede, della Chiesa universale. Sono esse due realtà diverse, ma entrambe legate alla comune adesione al messaggio della Chiesa e del messaggio del Papa.

P. – Come ha raccontato Avvenire momenti buoi e tragici della nostra storia repubblicana? Mi riferisco in particolare ad un anno come il 1978 in cui il nostro Paese ha conosciuto tre Papi e l’omicidio efferato del Presidente del Consiglio Aldo Moro, esponente della Democrazia cristiana…

S. – Con la morte di Paolo VI Avvenire perse un vero padre. Avvenire ha accompagnato la morte di Paolo VI con un’intensità straordinaria non solo con le commemorazioni, ma mettendo in luce – nel momento stesso in cui Paolo Vi lasciava questa terra – la grandezza storica di questo Papa; un Papa che ha interpretato un’epoca e soprattutto quell’epoca. Il 1978, inoltre, è stato un anno cruciale in tutti i sensi nella storia italiana e nella storia del Pontificato con i tre Papi. La Chiesa, in quell’anno, ha cambiato volto e passo,ma Avvenire è stato al centro di questi passaggi non solo interpretandoli, ma vivendoli fino in fondo.

P. – La stampa cattolica è sempre stata molto vicina al mondo dell’infanzia e della giovinezza con le sue pubblicazioni. Mi riferisco alla nodale lezione di Don Giacomo Alberione, fondatore de “Il Giornalino” in cui il presbitero fossanese predicava che “la macchina da stampa, il microfono, lo schermo sono il nostro pulpito; la tipografia, la sala di produzione, di proiezione e di trasmissione è la nostra chiesa. La nuova forma di missione non è affare da dilettanti ma da veri apostoli. Occorre un linguaggio accessibile al popolo: non basta una scienza mediocre, al contrario occorre una scienza maggiore e la capacità specifica per comunicarla a tutti con chiarezza”. Quanto Avvenire ha contribuito alla formazione giovanile in cinquant’anni?

S. – Avvenire, con Poputus, ha creato un giornale fatto bene e che ha una sua importanza all’interno del giornale. Poputusrappresenta una finestra importante sui più giovani ed anche un segno dell’attenzione che il giornale e la comunicazione cattolica dedica alle nuove leve.

P. – In un contesto storico, come saggiamente ammoniva il Papa emerito Benedetto XVI, retto dalla logica del relativismo, in cui assistiamo a prese di posizioni irrazionalmente condivise da buona parte di una popolazione in un nome di un imperante laicismo (si pensi alle recenti opinioni e rivendicazioni sull’aborto e sulla presenza o meno del Crocifisso in istituti civili), in che direzione va il pensiero dei cattolici?

S. – Nel mare magnum di visioni e di situazioni, Avvenire svolge un ruolo di primissimo piano nell’orientare i cattolici e gli intellettuali. Avvenire fa ciò con grande professionalità non solo con l’adesione ai valori, ma giornalisticamente in modo efficace perché non c’è solo bisogno di intingere l’inchiostro nella Fede, ma anche nella professionalità. Questo Avvenire lo fa in modo adeguato.

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