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Livatino, magistrato incorruttibile, esempio per tutti

BATTIPAGLIA – Ieri 6 marzo 2024 è stata inaugurata la mostra itinerante sul giudice Rosario Livatino presso il Salotto comunale del Municipio, organizzata – tra gli altri – dall’associazione “Liberi di educare” e dal laboratorio socio-politico ‘Coscienza sociale’ dell’Azione Cattolica della Parrocchia Sant’Antonio di Padova.
Dopo i saluti istituzionali della Sindaca Cecilia Francese, il vice Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno avv. Alberto Toriello ha ricordato la scritta ‘STD’ rinvenuta in tanti scritti del martire Rosario, insieme ai moniti sulla credibilità del testimone e all’opportunità che i magistrati debbano rifuggire, come faceva Livatino, le luci dei riflettori.
Con il coordinamento del magistrato Paolo Valiante, già socio di Azione Cattolica ed attento cultore della storia di Livatino, si sono succeduti gli interventi del Procuratore di Avellino Domenico Airoma, della Guida del Meeting di Rimini Licia Savelli e del “nostro” Gianluca Caputo, Procuratore presso la Procura di Nocera Inferiore.
Airoma ha ricordato di essersi innamorato del giudice Livatino a metà degli anni ’90 e di aver intrapreso un viaggio nella sua terra per conoscerlo meglio; con grande passione, ha riferito che sta promuovendo una petizione popolare, affinchè il giovane giudice sia riconosciuto come patrono dei magistrati.
Licia Savelli ha posto l’accento sulla testimonianza di Pietro Nava, un agente di commercio del Nord Italia che la mattina del 21 settembre 1990, giorno dell’efferato assassinio, si trovava a passare per la statale Canicattì-Agrigento. Fu lui a chiamare la Polizia, senza mai pentirsi di averlo fatto. La sua vita cambiò radicalmente e fu costretto mutare identità e a vivere sotto scorta. Licia Savelli ha inoltre proposto un suggestivo parallelismo tra il giudice Livatino e San Francesco, entrambi umilissimi.
Infine, Gianluca Caputo ha ricordato che non esiste il caso, sono le incidenze divine a succedersi nella vita di ognuno di noi.  Egli è stato procuratore per quattro anni alla Procura di Agrigento dove ha lavorato Livatino e lo ha ricordato come magistrato incorruttibile, uomo delle Istituzioni, amante della famiglia.
Caputo, con continue citazioni bibliche – frutto di una vita intessuta di ascolto della Parola – e riportando tanti aneddoti della vita di Rosario, ha posto l’accento sulla necessità per tutti di essere credibili. Ed un magistrato per essere credibile deve fare in modo che la verità processuale sia la più vicina possibile alla verità reale. Ognuno di noi deve essere credibile non per sé, ma per gli altri, per il bene di chi ci sta accanto.
Caputo ha ribadito più volte che Livatino operava anche per quelli che lo volevano uccidere. Basti pensare che nel momento in cui stava nascendo al cielo chiamò “picciotti” i suoi assassini, chiedendo “cosa vi ho fatto?” Queste parole sono parole inclusive. Livatino non li stava giudicando, non stava imprecando contro di loro, li stava anzi aiutando a convertirsi.
Ed invero, dopo il barbaro assassinio – Livatino fu colpito prima nella sua utilitaria, rincorso in una scarpata e finito con un colpo in bocca – il suo sicario Domenico Pace intraprese un cammino di conversione. E questa è una delle tante coincidenze divine.

(Avv. Marcello Capasso – Coordinatore CS)

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