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Emergenze, non allarmismi

Per una politica europea in ascolto dei cittadini

All’indomani della chiusura dei seggi delle Elezioni Europee 2024 preme formulare qualche breve considerazione sugli esiti relativi ai votanti più che sui risultati conseguiti dai votati. E va subito sottolineato che per la prima volta in Italia ha votato meno della metà degli aventi diritto. Riducendo il campo di osservazione, constatiamo che in un ambito di provincia, come nella città di Battipaglia – ad esempio – si è recato alle urne meno del 40% dei residenti. Non ci vuole molto per comprendere che quello dell’astensionismo è il primo dato su cui riflettere.
“CoscienzaSociale”, laboratorio socio-politico dell’Azione Cattolica di Sant’Antonio di Padova di Battipaglia ha contribuito a sollecitare la partecipazione al voto e ha rinnovato l’invito ad approfondire e a confrontarsi sulle dinamiche sociali e politiche ad esso sottese.
Votare significa poter dire la propria, nella buona e nella cattiva sorte. Chi non ha votato, infatti, non potrà lamentarsi se l’andamento della politica, dell’economia e della giustizia dovesse poi rivelarsi non di suo gradimento. Nello stesso tempo, va detto che la Politica deve riavvicinarsi al Popolo ed ascoltarne le esigenze, perché l’astensionismo è anche segno di un deplorevole vuoto comunicativo tra le istituzioni, la classe politica ed i cittadini.
Va osservato che negli ultimi mesi, guardando allo scenario europeo, nei talk show televisivi e sui social media si è parlato pressappoco solo di guerra ed addirittura è stata evocata la “terza guerra mondiale”. Sono suggestioni dettate da comprensibile ansia per il futuro dell’Europa e dell’umanità, ma determinano una modalità comunicativa che non aiuta certamente gli indecisi a recarsi alle urne. Così è stato in questi giorni.
Nel definire le ’emergenze’ europee, sarebbe forse stato opportuno discutere anche di lavoro, salario congruo, piano casa. Come pure di accoglienza e di integrazione dei migranti o dei servizi resi – o non resi – in soccorso delle persone che non riescono ad arrivare a fine mese. Per non dire della sanità, delle sue disfunzioni strutturali e delle soluzioni utili a far sì che tutti possano accedere alle cure. I social network e le testate giornalistiche hanno il più delle volte martellato l’opinione pubblica con l’idea che l’Europa, a breve, sarebbe stata chiamata ad entrare direttamente in guerra contro la Russia.
Chiediamoci se e in che misura nel dibattito pubblico abbia trovato spazio il ‘sogno’ dei padri fondatori della comunità europea, quella visione di progresso e solidarietà, di fiducia, pace e sviluppo che animò statisti come Alcide De Gasperi, Robert Schuman e Konrad Adenauer.
È mai possibile che prevalga sempre una sola narrazione e che questa sia, peraltro, la peggiore?
E’ impensabile dunque che la guerra possa fungere da leva motivazionale per attrarre le persone alle urne.
In altre stagioni oltretutto l’Europa ha attraversato crisi non meno importanti. Chi può dimenticare la guerra nei Balcani negli anni ’90? Non ci sembra che in quella circostanza venisse evocata la guerra mondiale tutti i giorni.
I politici dovrebbero avere maggior equilibrio e capacità di riflessione, per evitare di allarmare la popolazione. Sembra al contrario che dal tempo della pandemia da Covid la Politica tenda a spaventare le masse, forse credendo di poter meglio condizionarle e governarle.
La scarsa affluenza alle urne registratasi in queste Elezioni Europee induce anche a pensare che i partiti, i movimenti e le associazioni a vario titolo impegnate in ambito sociale non mettano – come dovrebbero – al centro della propria azione i veri problemi che affliggono le comunità territoriali.
Vale la pena ricordare che la nascita dell’Unione Europea ha consentito di dare risposte non singole e frammentarie a tanti problemi emergenti in materie articolate e complesse. In concreto, grazie alla UE oggi è possibile viaggiare più facilmente, tessere scambi commerciali internazionali più rapidi e semplici. Sì pensi poi ai programmi di formazione e scambio culturale, come l’Erasmus, praticati con successo dalle giovani generazioni. E si pensi all’adozione di una moneta unica, che aiuta nelle crisi economiche.
Nel giorno in cui l’Italia rende omaggio all’uccisione di Giacomo Matteotti – trucidato il 10 giugno 1924 dalla violenza fascista – il Paese è chiamato, una volta ancora dopo cento anni, con ritrovata fiducia e rinnovato coraggio, ad affermare i valori della libertà e della democrazia. Ed oggi può e deve farlo in una compagine europea che sappia elaborare principi e idee irrinunciabili.
Occorre perciò rilanciare le motivazioni fondanti l’appartenenza all’Unione europea, per rinnovare il suo progetto originario e ridare slancio alla sua missione. Serve una maggiore attenzione alle dinamiche sociali; occorre promuovere una ricerca seria e competente per fronteggiare le crisi sanitarie, senza delegare le case farmaceutiche o altri gruppi di potere nella ricerca di soluzioni inique.
Servono mediatori politici capaci di far ripartire il processo di integrazione europea tra i popoli e le nazioni che costellano il Vecchio Continente; uomini e donne di buona volontà che facciano comprendere a tutti che il permanere “nel recinto di casa nostra” non permetterà di partecipare ai processi decisionali ormai in atto a livello globale sull’ambiente, sulla pace e per la risoluzione di altre emergenze che minano l’equilibrio ed il futuro dell’intero pianeta. (www.coscienzasociale.org)

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