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Antonio Cestaro

Antonio Cestaro e la ‘chiave’ del cattolicesimo popolare

In ricordo dello storico ebolitano a quattro anni dalla morte

di Giuseppe Falanga

Il 10 agosto 2017 moriva a Battipaglia lo storico Antonio Cestaro, professore emerito di Storia Moderna presso l’Università degli Studi di Salerno. Nel mezzo di un’estate afosa – ricordata tra le più torride degli ultimi decenni – la notizia della scomparsa del Professore raggiunse in fretta amici e colleghi, studenti e collaboratori. Nel cuore di tutti la memoria illuminava in un sol giorno una vita trascorsa tra archivi e aule universitarie, seminari di studi e lezioni. Una vita carica di anni e di saggezza ad un tratto recisa da una morte respinta in battaglia nel decorso di una lunga malattia e che non è riuscita ad estinguere la voce autorevolissima di uno dei maestri della storiografia meridionale. Il dispositivo munifico della memoria s’innesca tutt’oggi a mo’ di riscatto, come un alleviamento concesso soltanto agli amanti della Storia, a quanti – mai esausti di studi e ricerche – seppero allearsi in anticipo col tempo, inducendo ogni volta il passato a venire a patti col presente, sicché alla loro lezione è dato in premio il futuro.

Così è stato per Antonio Cestaro. A quattro anni dalla morte, vogliamo in semplicità ricordarlo, rileggendo in breve uno dei suoi ultimi scritti, della cui pubblicazione il Laboratorio socio-politico “CoscienzaSociale” potette beneficiare.  

Nell’accingerci a lanciare nel novembre 2013, in via sperimentale, il n. 0 della Rivista di studi e ricerche sul cattolicesimo democratico, il Professore Cestaro volle rispondere all’invito del laboratorio di Azione Cattolica congedando uno scritto che subito apparve appropriato come Introduzione recante il titolo “Alle radici del cattolicesimo politico. Significato e attualità del popolarismo di Luigi Sturzo”. Parole schiette e speranzose, coerenti nel timbro con quelle che il Professore concedeva, sempre fasciate da schiva eleganza, a chi ha avuto la fortuna di incontrarlo per un confronto al termine di qualche lezione o nelle pause di un convegno.

Antonio Cestaro decise, in quelle dense righe vergate per CS, di risalire alle origini del cattolicesimo democratico, quasi a voler suggerire una retrospettiva utile per l’avvenire, evocando la matrice sturziana del popolarismo che distinse l’azione politica dei cattolici nel Novecento. Ebbene, l’insigne studioso concludeva la sua nota introduttiva con una considerazione che, a distanza di qualche anno, è ancora gravida di suggestioni e riflessioni: “In un tempo di politica senza valore, il cattolicesimo politico offre la chiave più moderna per superare la crisi di credibilità dell’azione pubblica troppo spessa deturpata dall’assenza di coerenza tra parole e comportamenti, tra idee e vita quotidiana. Se la politica è la più alta forma di carità per i cattolici, oggi diventa la più alta forma di coerenza della vita.”

Non occorreva di certo che si scatenasse la furia pandemica del Covid-19, con la criticità delle misure governative poste in essere per placarla, per comprendere che da decenni ormai il virtuoso bilanciamento tra i principi ed i bisogni non è più compito svolto dalla politica nell’elaborazione di ragionevoli sintesi volte al bene comune. La rincorsa mediatica alla popolarità leggerissima dei nostri tempi sembra anzi aver estinto la grammatica della mediazione, esaurendo lo spirito di ricerca e la piana consuetudine a ponderare le circostanze, finendo col ridurre il primato dei valori ad estemporaneo accomodamento tra le passioni e gli interessi. Non è difetto di metodo; men che meno di fondamento. C’è da interrogarsi piuttosto su quali opzioni debbano essere opportunamente selezionate e praticate per modulare una nuova progettualità politica alla matrice fecondissima della tradizione cristiana, scansando le secche di uno sterile conservatorismo e le cieche proiezioni di un vacuo progressismo.  

Potrà forse essere un nostalgico “ritorno alle origini” a costituire l’invocata leva per il rinnovamento del costume politico? Tutt’altro.

Antonio Cestaro richiama la lezione sturziana del Popolarismo quale ‘chiave’ di accesso alla libertà, contro gli eccessi dello Stato qualora questo dovesse divenire incapace di farsi interprete delle istanze del singolo e, dunque, di un intero popolo. È la Storia – viene presto ribadito – a dimostrare che quest’incapacità ha già portato in grembo i totalitarismi che nel Novecento hanno violato le libertà ed i diritti fino alla truce negazione della dignità umana.   

Qui sta il ‘gioco’ incomprimibile della Politica: offrire spazi di sintesi tra la regola dello Stato e la libertà della Persona. E lo spazio supremo in cui si invera l’incontro è l’autonomia del Popolo.

In quest’ottica suona audace la proposta del Professore, che addita ai giovani cultori della politica l’esempio magistrale di Luigi Sturzo, con una precisazione importante: “Era un sacerdote, che nel 1919 lanciò un “appello ai liberi e forti”, cioè a tutti gli italiani, particolarmente i cattolici, che intendevano ispirare la loro azione politica ai principi della fede. Non lanciò un manifesto per un partito cattolico, o per un partito di cattolici. Lui lanciò un appello all’impegno civile dei cattolici, avviando quello che noi sinteticamente chiamiamo ‘cattolicesimo politico’”. 

È una traccia essenziale che, nel puntualizzare alcuni nodi concettuali, potrebbe contribuire non poco ad argomentare il tanto dibattuto tema dell’unità dei cattolici in politica. Ancora Cestaro: “Quali furono le parole-chiave, diremmo oggi, del messaggio di don Luigi Sturzo? Libertà e popolo, non solo fede e messaggio della Chiesa.”

Dato che quella del ‘cattolico’ non può essere assunta come categoria politica tout court, essendo il suo spettro semantico esteso al di là d’ogni immediata accezione concepibile  in una precisa congiuntura spazio-temporale, lo storico ebolitano richiama la credibilità come cifra del corretto agire politico in quanto laici cattolici, quasi suggerendo – in recondita disamina – una revisione del laicato alla luce delle sfide che lo interpellano, affinché non smetta di ordinare le cose del mondo secondo Dio.

Vi si legge, non ultima, l’urgenza di rivisitare lessico e stili del fare politica, non tanto per rispondere a logiche di opportunismo strategico quanto per continuare a rigenerare una lezione – quella sturziana – i cui fondamenti morali sono attraversati, per così dire, da una linfa sempreverde e al contempo necessitano di essere declinati nel tempo corrente con coraggio e creatività, rigenerando la tradizione in barba ad ogni banale ‘coazione a ripetere’. 

Bisogna guardare avanti. È il motivo per cui Antonio Cestaro torna a chiedersi: “Cosa può esservi oggi di attuale per il cattolicesimo politico ispirato ai valori del popolarismo?” 

La risposta segue veloce con precisione e puntualità: “Primo, servono dei cattolici in politica che siano presenti “non in nome della fede ma a causa della fede” (Benigno Zaccagnini) e che abbiano il senso della storia civile come missione di carità. Secondo, il cristiano deve stare nel proprio tempo con coraggio, senza sentirsi traditore della propria storia: Sturzo lo fece rompendo persino con la disposizione della Chiesa del “non expedit”. Terzo, il cattolico in politica non ha gli stessi obblighi degli altri attori della scena: ha il dovere di testimoniare qualcosa in più, che è l’etica pubblica, l’onestà, la correttezza dei comportamenti, la sintonia tra quel che è il messaggio evangelico e la sua azione pubblica. Non è fideismo politico o assenza di cosiddetta laicità politica.”

Ciò che rende attuale l’impegno politico dei cattolici è, ancora una volta, la tensione concreta a tener insieme terra e cielo, realtà e ideali, Vangelo e cronaca quotidiana. Nella ricerca incessante di una sintonia possibile, è misurata la coerenza di un’impresa che ha in sé il limite di ogni vicenda umana e la nobiltà di ogni missione civile. La popolarità del cattolicesimo politico diviene, dunque, il carattere necessario di un’azione pubblica che esige presenza nella carità e coraggio della testimonianza. 

Qualche rigo prima, lo storico si chiedeva non senz’apprensione: “Su quali parole poter scommettere per essere convincenti rispetto ad un mondo che spesso oscilla tra disincanto e pessimismo, incertezza e stanchezza, in tempi così difficili, di una crisi economica che segnerà lo stile della vita da qui a venire negli anni?”

Bella domanda. Anche questa drammatica ed attuale. Peccato che a farsela – tra i cattolici – sono in pochi.

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