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“Mi canta nell’anima l’amore del Signore” Armida Barelli, nostra sorella maggiore

di Rosa De Blasio

Da dove partire per parlare di Armida Barelli? Dalla fine, che non è poi la fine ma uno stupendo inizio che profuma d’eterno: sarà presto beata, per effetto del decreto della Congregazione per le Cause dei Santi, di cui il Papa ha autorizzato la promulgazione, decreto in cui si riconosce il miracolo attribuito all’intercessione della «Venerabile Serva di Dio». La notizia della sua beatificazione è stata accolta con grande commozione da tutto il mondo cattolico, in particolare dal Comitato di beatificazione e canonizzazione, che vede riuniti l’Azione Cattolica Italiana, l’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo e l’Università Cattolica del Sacro Cuore, realtà nelle quali ha operato, spendendo tutta sé stessa senza risparmiarsi. Il miracolo dovuto alla sua intercessione avvenne a Prato nel maggio del 1989: una donna di 65 anni, Alice Maggini, fu investita da un camion mentre procedeva in bicicletta, riportando una commozione cerebrale, con prognosi di gravi conseguenze di tipo neurologico. Disperata, la famiglia della signora ha pregato incessantemente, invocando l’intercessione della Serva di Dio e, in modo scientificamente inspiegabile, perché è questa la sostanza del miracolo di guarigione fisica, Alice Maggini si è ripresa, continuando la sua vita fino alla morte avvenuta nel 2012. La immagino, l’Armida, mentre sorridente intercede per la sfortunata donna presso il buon Dio, certa che la sua preghiera non resterà inascoltata. In fondo, il motto della sua vita non era stato:” Impossibile? Allora si farà!”?

Tenacia e volontà! Sono queste alcune delle qualità che immediatamente ci vengono in mente quando pensiamo ad Armida Barelli: sì, perché a ripercorrere la vita di questa intrepida “donna tra due secoli”, protagonista della storia ecclesiale del ‘900 e figura indimenticabile dell’apostolato laicale italiano, viene naturale stupirsi per il coraggio dimostrato nell’affrontare le sfide che le vennero via via proposte, anche se, da credenti, possiamo comprendere da quale fonte inesauribile attingesse la sua forza!

Per provare a raccontarne brevemente la storia stupenda di servizio partiamo da una nota biografica che l’accomuna ad un altro beato di Azione Cattolica: come avvenne per Pier Giorgio Frassati, anche l’ambiente familiare di “Ida o Idina”, come veniva affettuosamente chiamata, non era favorevole ad una crescita spirituale cristiana.

Classe 1882, nasce in una famiglia milanese dal tenore di vita agiato ma lontana dalla Chiesa e che sceglierà per i suoi studi un istituto svizzero di suore francescane solo perché… era il migliore dell’epoca. Ma sarà proprio tra quelle mura che Armida si avvicinerà alla fede, facendo sua la devozione, che durerà tutta la vita, per il Sacro Cuore di Gesù e per l’Immacolata.

Ritornata in Italia, decide, tra un impegno e l’altro nell’azienda di famiglia, di pronunciare in forma privata un voto di castità, anticipo di quella vocazione che la porterà a decidere di essere per sempre “vergine nel mondo”. Di lì a poco sarebbe avvenuto un incontro determinante, quello con Padre Agostino Gemelli, psicologo, medico e frate francescano. L’anno è il 1910: è grazie a lui che matura la consapevolezza che può “consacrarsi a Dio senza bisogno di entrare in convento” e lo fa scegliendo il Terz’ordine francescano, abbracciandone la radicale spiritualità.

Di lei Padre Gemelli scrive che: “… non nacque eccezionalmente virtuosa, ma lo divenne; non fu, fino dalla prima età, una creatura di straordinaria vita interiore, ma a poco a poco, per dono di grazia e forza di volontà si formò in lei quella personalità non comune, quella donna di zelo infaticato, di sacrificio sorridente, di fiduciosa accettazione della grave prova con cui Dio volle chiudere la sua vita. (…) Insomma, quell’eroismo nell’agire e nel patire (…) fu un punto di arrivo, conquistato con lungo lavoro interiore assiduo e non mai interrotto” (1).

Negli anni successivi, l’attenzione sempre più viva alla formazione religiosa dei laici cattolici e, in particolare, delle giovani donne, spingerà il card. Ferrari ad affidarle l’incarico di fondare la Gioventù Femminile nell’arcidiocesi di Milano. Scrive, al riguardo, Armida Barelli: “Recandomi un giorno dal Cardinale, mi chiese: «Vuol aiutare il suo Arcivescovo per un nuovo movimento di gioventù femminile?». «Volentieri, Eminenza, se si tratta di un lavoro di tavolino o di beneficenza». «No, si tratta di diventare propagandista, di andare nelle parrocchie della diocesi per chiamare a raccolta la gioventù femminile e controbattere così, per la difesa e la diffusione dell’idea cristiana, la propaganda marxista». «Andar fuori Milano? Parlare in pubblico? No, no, Eminenza, qualunque cosa, ma questa no; questo non è per me…”(2).

Ma poi accetta: lo fa perché è angustiata dall’ignoranza religiosa delle ragazze che, contrariamente a quanto accadeva per i ragazzi dell’Unione Giovanile Cattolica Milanese, non avevano possibilità di prepararsi adeguatamente ad affrontare il mondo del lavoro e delle relazioni sociali. Confessava “…Un pensiero mi tormentava. Che sarà delle madri di domani se le giovani d’oggi adorano il Signore nella penombra del tempio e lo rinnegano alla luce del sole? Ha ragione l’arcivescovo: bisogna riunirle, istruirle, dare loro la fierezza della fede, per farne domani madri capaci di educare cristianamente i figlioli” (3).

Non immaginava sicuramente che di lì a poco papa Benedetto XV le avrebbe chiesto, anzi, le avrebbe imposto, vincendo i suoi dubbi e le sue resistenze al riguardo delle sue capacità ad occuparsene, di portare su tutto il territorio italiano l’esperienza della GF, “non come maestra con le scolare ma da sorella tra le sorelle”. Il 1 ottobre 1918, l’«Osservatore romano» riportò la notizia della nomina: «Sua Santità si è degnato nominare Vice Presidente Generale dell’Unione fra le Donne Cattoliche d’Italia la signorina Armida Barelli, con incarico speciale per la Gioventù Femminile Cattolica».

Da quel momento Armida si impegnò con tenacia nell’educazione delle giovani donne, curandone la formazione alla fede e ad una coscienza civile e politica, battendosi perché si radicassero in loro i valori cristiani della famiglia, di una onesta preparazione professionale, di una sempre più marcata presenza nel sociale. Nel frattempo fonda con Padre Agostino Gemelli il pio sodalizio delle “Terziarie francescane del Regno sociale del Sacro Cuore”, poi denominato “Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di N.S. Gesù Cristo”, composto da laiche consacrate che decidono di vivere la fedeltà al Vangelo e di “condividere le ansie, le fatiche e le gioie” nel mondo. Instancabile promotrice di iniziative, forte di una fede che fosse attenta anche a promuovere cultura, si fece rapire e convincere dal sogno di Giuseppe Toniolo e di Padre Gemelli di una Università Cattolica.

Al capezzale del morente Toniolo prende forma il comitato che alla fine della Prima guerra mondiale si adopererà per la realizzazione dell’Università Cattolica. Il comitato nasce il 9 settembre 1918.

Il perno su cui regge il progetto, come riferirà padre Gemelli, indicandola “come Marta dell’impresa”, sarà proprio Armida Barelli. Il sogno diventa realtà e la sede viene inaugurata nel dicembre del 1921 dal cardinale Ratti, di lì a poco eletto Papa col nome di Pio XI. Università intitolata, se mai vi fosse stato un minimo dubbio in proposito, al Sacro Cuore: Armida ne sarà infaticabile e saggia “cassiera”, presente nei primi 30 e decisivi anni di sviluppo, continuando, nel frattempo, ad organizzare convegni, pellegrinaggi, settimane della purezza, settimane sociali, attività per le missioni, congressi della GF (un milione e cinquecentomila iscritte nel 1950).

Caduto il regime fascista, si adoperò alacremente per l’inserimento nella vita politica delle donne chiamate per la prima volta al voto. La Barelli attraversa tutto lo Stivale, instancabile oratrice e motivatrice, preoccupata di combattere l’astensionismo, di promuovere il ruolo della donna e diffondere i valori cattolici nella società. Scrive alle presidenti delle associazioni: “Noi non facciamo politica, sorelle mie, l’Azione Cattolica è al di sopra e al di fuori della politica. Ma noi siamo cattoliche al cento per cento e non solo praticanti, ma militanti. Vogliamo perciò con tutte le nostre forze un’Italia cristiana».”(4).

Arriva nel 1946 la nomina a Vice-presidente generale di Azione Cattolica ad opera di Pio XII, ultimo dei tre Papi ai quali Armida assicurò una collaborazione continua, espressione del suo amore per Gesù Cristo e per la Chiesa guidata dai suoi Vicari in terra.  Nel 1949 viene colpita da paralisi bulbare, una malattia che la priverà del controllo del corpo e della voce e che la porterà alla morte. Don Luigi Curti, parroco a Marzio, paese dove Armida era solita ritirarsi come sul monte Tabor “per recuperare i vuoti di preghiera di Milano”, scrive dei suoi ultimi momenti di esistenza terrena: “Armida Barelli non si rese conto del rapido declino della sua salute, per cui nessuno ebbe il coraggio di avvertirla. Toccò a me il compito di annunciarle questa notizia e lo feci in questo modo: “Signorina, domani è la festa dell’Assunta, sarebbe contenta che noi preghiamo che la Madonna venga ad accompagnarla in Paradiso?”. La mia parola non l’ha persuasa del suo imminente pericolo, per cui scrisse su un foglietto: ” Mi chiami la marchesina Pallavicino”. Entrata l’amica nella camera, scrisse per lei questo biglietto: “Io sono grave?”. Dopo la risposta affermativa, con un altro biglietto, diede questo ordine: “Allora, Olio santo”. Io tornai verso le 11 di sera e a mezzanotte precisa prese il volo per andare a festeggiare l’Assunta in Paradiso”. Era il 15 agosto 1952.”

Da allora riposa nella Cripta della Cappella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano.

Armida Barelli è stata e sarà ricordata sempre come una fra le più belle espressioni del carisma femminile e dell’impegno laicale così preziosi per la vita della Chiesa pre-Concilio. I soci di Azione Cattolica devono veramente tanto a questa donna: ha lasciato una ricca eredità e un mirabile esempio di passione ecclesiale e di capacità profetica.

La sua vita spirituale e l’instancabile attività organizzativa hanno indicato nuove strade da percorrere per le donne, nella vita della Chiesa e della società.«La vita di Armida – dichiara il Presidente nazionale di Azione Cattolica Matteo Truffelli all’annuncio della promulgazione del decreto di beatificazione – racconta una storia ricca d’iniziativa, di coraggio, di libera assunzione di responsabilità, di impegno: una vita spesa nell’apostolato operoso, che ha dato forma a un nuovo ruolo delle giovani e delle donne nella Chiesa e nella società. Armida, una donna tra due secoli, attraversò le sfide dell’epoca con la forza della sua fede incrollabile, divenendo esempio limpido per moltissime donne che, seguendo le sue orme, hanno scelto e scelgono ancora oggi di mettersi a servizio della Chiesa… Nelle associazioni diocesane di Azione cattolica – continua Matteo Truffelli – ci sono stati e ci sono ancora oggi numerosi esempi di donne come Armida, che hanno raccolto negli anni la sua eredità portando avanti con entusiasmo contagioso l’opera di evangelizzazione della “sorella maggiore.”

Il fiore profumato, allora, che tutti i soci di Azione cattolica, Adulti, Giovani e Acierrini, possono idealmente lasciare sulla tomba di Armida Barelli è quello della dedizione e della fedeltà al progetto d’amore di Dio per gli uomini, dedizione e fedeltà che l’Associazione, da più di 150 anni, permette di vivere da laici credenti nel servizio ai fratelli e alla Chiesa sui passi del Risorto!

Saggio pubblicato su CoscienzaSociale. Studi e ricerche sul cattolicesimo democratico , n. 15 /Giugno 2021, pp. 16-21.

Note

(1) A. Gemelli, Prefazione a I. Corsaro, Armida Barelli, Milano 1955.

(2) A. Barelli, La Sorella maggiore racconta, Milano 1981.

(3) Idem.

(4) M. Sticco, Una donna fra due secoli, Milano 1967, p. 738.

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