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In dialogo con… Alberto Cicatelli, Dirigente INPS – Direzione provinciale di Salerno

DOMANDA 1 – La situazione economica, occupazionale ed assistenziale battipagliese già prima dell’inizio della pandemia mostrava segni evidenti di sofferenza a cui era difficile dare una risposta efficace, ora a distanza di un anno come sta la nostra società? Quali sono le categorie più colpite dalla pandemia?

E’ difficile rispondere, sia perché i dati statistici sinora raccolti non sono sufficientemente significativi, sia perché permangono situazioni microeconomiche di profonda incertezza generate, a loro volta, da prospettive macro non ben chiare nel loro quadro di insieme, nonché nella loro auspicabile fase evolutiva di sviluppo di medio-periodo, e quando gli scenari sono incerti, anche gli orizzonti temporali delle decisioni economiche, dei programmi e dei progetti di intervento, inevitabilmente, ne risentono drasticamente. Il primo problema è riuscire a capire dove si vuole andare: se non sappiamo ben scegliere la meta, allora qualsiasi strada intraprenderemo, sarà del tutto indifferente da percorrere. E’ difficile, è difficile davvero, anche se la pandemia forse un aspetto non proprio del tutto negativo ce l’ha avuto ed è quello che ha contribuito a mettere definitivamente a nudo criticità note e meno note, ma pure sempre note anche ante-pandemia ed ha avuto forse il merito, se di merito si può parlare, di far aprire (o riaprire) i riflettori su spunti di riflessione e argomenti di dibattito che sembravano accantonati o del tutto abbandonati dalle rituali e ricorrenti agende di governo.

Ripeto, è difficile: è un po’ come chiedere ad un bambino “cosa farai da grande?” ed aspettarsi una risposta certa, assolutamente sicura. E’ comprensibile che un bambino possa immaginarlo, sognarlo e che lo dica pure, ma in realtà non lo sa ancora, almeno non lo sa con la dovuta sicurezza matematica che il suo futuro sarà esattamente identico a quello che avrà immaginato per sé oggi.

Orbene, come il grado di salute economica di un paese laborioso, oltre ad altri Indicatori, si misura spesso attraverso il PIL, così anche nei territori, il margine di contribuzione, può essere misurato in termini di PIL locale. L’area battipagliese ha perso il 15% del proprio PIL locale nel 2020 rispetto al 2019, nonostante le massicce, tuttavia inadeguate, contromisure governative di sostegno e di incentivo. Perché inadeguate? Perché uguali per tutti, per tutti i territori, generaliste e generalizzate, senza alcune specificità, né possibilità, né opportunità derogatorie a carattere localistico-territoriale o distrettuale, senza concedere particolare autonomia, né spazio ad alcuna complementarietà bilanciata, neppure nelle materie a legislazione concorrente. In un siffatto contesto, peraltro improvvisamente emergenziale, un’area non più prettamente spinta dallo storico, consolidato traino industriale cui era abituato, e che già risentiva molto della crisi del mercato dell’edilizia, dell’agroalimentare (agricoltura in primis) e dei grandi centri commerciali delocalizzati a ridotto dei suoi confini che attraggono e continuano ad attrarre ricchezza fuori dalle mura cittadine, oggi soffre ancor di più questa situazione e non c’è una “one best way”, non c’è una ricetta unica, una sola exit strategy, o come direbbero gli americani, che non ammiro affatto, una road map, purtroppo, semmai devi agire ampliando le tue future possibilità di scelta; ecco, questo è l’approccio più saggio e di buon senso oggi: agisci sempre in modo da ampliare le tue future occasioni di scelta, e “non lasciarti trascinare dalla corrente di deriva, sii tu a tenere il timone” (Robert Baden-Powell) e siccome non si può sapere a priori se delle istruzioni sono ben fatte se non mettendole in pratica, allora, bisogna pur partire da un presupposto. Non a caso il termine inglese “governor” (governatore) deriva, sebbene l’Inglese non sia prettamente annoverabile fra le lingue neolatine, proprio dal latino “gubernator”, che non a caso deriva a sua volta, dal greco “Kybernetes”, che significa, appunto, “timoniere”.

Il Premio Nobel per l’Economia Amartya Sen, in un convegno che tenemmo all’Università, tra tanti interventi, scelse una frase che avevo scritto nel mio paper, frutto del mio buffo, goffo, disperato, improbabile tentativo di rispondere a questa domanda: “Come si potrebbe misurare, ammesso e non concesso sia scientificamente possibile, la capacità di progettazione e di azione di un governo locale?” 

Ho paura che non si possa misurare tutto, anche per il semplice fatto che non sia poi così necessario misurare tutto, tuttavia, nel dissentire con la teoria della cd. Trappola della misurazione di Daniel Yankelovich, penso che la capacità di governo di un’Amministrazione locale, si misuri lungo il raggio di azione, ovvero nell’ambito del perimetro di progettazione, entro i quali, quel governo locale riesca semplicemente a creare tutti i presupposti concreti per trattenere i propri cittadini all’interno delle proprie mura cittadine, tutto qua (mura in senso figurato, ovvero simbolico, ovviamente).

Nella mia città, tra la mia gente, la sofferenza è palpabile e non c’è bisogno di illustri economisti per scorgerla. Usando, non la rigida lente immobile dell’economia, che è comunque scienza sociale perché in fondo studia i comportamenti umani, ma lo zoom dell’esploratore che si muove in avanti e indietro a seconda di cosa vuoi mettere a fuoco, ci si accorge che una gran massa di popolazione che ante-pandemia poteva forse ancora sostenere il proprio fabbisogno da media borghesia, oggi vive in uno stadio marginale, al confine tra la soglia di povertà e quella della modesta autosufficienza. In ciò si innesca un profondo ragionamento di tipo etico che la politica non sembra in grado, nonostante gli sforzi considerevoli compiuti, di compiere da sola, vuoi per vincoli giuridici sovrannazionali, vuoi per endogene, ataviche difficoltà domestiche, ma soprattutto per la impossibilità, nell’immediato, di cambiare radicalmente le regole del gioco, riappropriarsi delle antiche prerogative e sottrarre alle potenti multinazionali il loro ormai straripante dominio sulle sorti umane in tutto il villaggio globale. Battipaglia rischia seriamente, seppur inconsapevolmente, di terzomondializzarsi sotto questo aspetto: c’è una piccolissima parte di popolazione che sta diventando sempre più ricca, e questo non è un male e non va demonizzato affatto; ma, dall’altro lato, c’è una larghissima fetta di popolazione che invece sta silenziosamente diventando, ahimè, sempre più povera, e questo però non è un bene. Il livello di disoccupazione e di precariato giovanile è al 50%, quello femminile molto vicino al 40% ed anche i fortunati occupati, seppure non siano sempre costretti a consumare tutto il salario per scopi di consumo, orbene, non allargano la domanda di beni, pur detenendone – e non solo in astratto – il correlativo potenziale, eccezion fatta per quelli primari o di prima necessità, bensì propendono per l’accantonamento a riserva, preferiscono cioè non spendere oggi (cd. propensione al risparmio di Keynesiana memoria), attesa la sfiducia maturata nel corso di questi ultimi 12 drammatici mesi, e si autoisolano o autocollocano in una situazione statica che gli economisti sono soliti definire di “aspettativa adattiva”. La sottrazione di liquidità al sistema del flottante in circolazione si riverbera negativamente su tutto il circuito e persino le banche hanno difficoltà a vendere il loro prodotto principale, cioè, il denaro. I settori più colpiti li conosciamo bene: dalla ristorazione ai centri sportivi, dai saloni dei parrucchieri e degli estetisti, ai bar, i centri di incontro e di socialità associativi, i luoghi ricreativi, i teatri, i cinema, persino le Chiese sono più deserte. Gli ammortizzatori sociali, il blocco dei licenziamenti, i bonus dei vari DPCM dei precedenti “Governi Conte”, la cassa integrazione in deroga, le integrazioni regionali hanno avuto un provvidenziale effetto tampone per evitare la totale deriva sociale, la disperazione e persino la esasperazione delle classi meno abbienti, ma non hanno risolto del tutto il problema, poiché non si tratta di misure strutturali, né strutturate, né strutturabili purtroppo, almeno per ora, bensì episodiche e temporanee, pertanto, non appena i loro effetti benefici saranno stati assorbiti dal mercato senza che abbiano generato valore in termini di economia reale (la Formula di Fisher, che prova a tradurre in una elegante, seppure parziale, “equazione verificata” la teoria quantitativa della moneta, andrebbe riscoperta: MV = QP)*, allora si dovrà di nuovo mettere mano a nuovo indebitamento, ipotecando così, seriamente ed irreversibilmente, il futuro delle prossime generazioni, dei nostri figli e dei loro figli, senza trascurare che già oggi, se non ci fossero quelli della terza età a sostenere le famiglie, i nostri figli avrebbero difficoltà anche nel noleggiare un tablet usato per fare didattica a distanza e questo è, almeno per me, tremendo, poiché in tutto questo dolente quadro quello che potrebbe risentire di più, aldilà della gravissima, perdurante emergenza sanitaria e dei gravi lutti che ancora commuovono tutti noi, è la Cultura, la conoscenza, l’arte della critica, lo sviluppo del pensiero, cioè, il vero, autentico sale della vita, il dono più bello, un diritto sacrosanto di tutti, un dovere per noi adulti e un obbligo morale prioritario per chi ha responsabilità di governo, a tutti i livelli istituzionali.

DOMANDA 2 – Quali interventi dovrebbero mettere in campo le Istituzioni per alleviare significativamente le sofferenze della gente e per cercare di rilanciare effettivamente l’Italia e la stessa città di Battipaglia, tenuto conto di quello che è stato fatto in piena emergenza e degli eventuali errori commessi?

E’ evidente che in piena pandemia non si possono investire eccessive risorse, sebbene sia un settore strategico, sull’economia reale, però si può validamene insistere:

1) nel segno del recupero di una “nuova normalità”, restituire i centri storici della cittadina all’antico splendore;

2) individuare nel litorale costiero la valvola di sfogo ideale per le famiglie e per i giovani, onde incentivarli ad andarci, quando si potrà evidentemente, offrendo loro una efficace alternativa locale alla continua ricerca di mete alternative presso le quali metà popolazione battipagliese lascia cospicue somme a livello di liquidità monetaria, in ragione del proprio potere o capacità di spesa, sottraendole di fatto al circuito finanziario del proprio sistema cittadino, depauperando dunque di ricchezza liquida la già fragile economia interna della città, che invece potrebbe essere reinvestita all’interno della stessa, senza scadere necessariamente nella utopica autarchìa;

3) in una strategia programmatica di più lungo respiro, Battipaglia ha tutte le carte in regola per potersi tranquillamente candidare a polo smart subregionale, ad entità di ricettività turistica al servizio dei vicini siti più promossi nei pacchetti all-inclusive offerti dai maggiori Tour operator, e, non escluderei anche la candidatura della Città capofila della Piana del Sede a zona franca per taluni prodotti equo-solidali, soprattutto in ragione della storica, inconfutabile vocazione agricola (core business) che questa Città porta da sempre dentro di sé e che può fecondare in maniera fortemente positiva il suo destino futuro.

(*) La Teoria quantitativa della moneta che tutti oramai considerano obsoleta, enucleata nella famosa “Equazione di Fisher”, che ormai non si trova neppure più sui manuali di Macroeconomia dice semplicemente una cosa e cioè che la quantità di moneta in circolazione (“M”) moltiplicata per la sua velocità di circolazione (“V”), in ogni momento storico, deve essere uguale alla quantità di beni e servizi scambiati (“Q”) in una economia di libero scambio e di concorrenza perfetta (modello ideale), moltiplicato per il livello generale dei prezzi “P” (inflazione). Tutto qua.

(a cura della Redazione CS)

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