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Festa del Lavoro tra contraddizioni e speranza

Ad un nuovo giro di calendario ci confrontiamo con interrogativi vecchi e nuovi, nella giornata che con il passar del tempo ha assunto connotazioni più ampie, lasciando il campo spesso ad altre forme di rivendicazione. Da un lato, questo dimostra che i temi del lavoro, pur sempre di primo piano nella manifestazione pubblica, hanno lasciato scaturirne numerosi altri, che possono avere medesime implicazioni di malessere e disagio. Dall’altro, il rischio di banalizzare o rubare la scena ad un momento che deve essere innanzitutto di pausa e riflessione, con un occhio critico sul presente e sulla società di domani. E’ pur vero che oggi non bisogna attendere il 1° Maggio per porre sotto i riflettori quello che è diventato il dilemma di intere generazioni, anche di quelle congedatesi, ma è sicuramente bene fare sempre memoria delle origini e degli sforzi che lavoratori uniti senza distinzioni di fede, ideologia, colore, sesso ed età, ci hanno tramandato per migliorare le proprie condizioni e di quelle delle generazioni a venire, non di rado offrendo anche la propria vita.
Viviamo in un’epoca per certi versi di contraddizione, ad un livello di complessità della società e dei processi umani prima sconosciuta, che ci lascia spesso disinibiti nel poter fare sintesi ed agire con una certa efficacia. Il mondo del lavoro ne viene colpito in modo particolare: accanto alle crisi aziendali, la disoccupazione, la precarietà, lo sfruttamento e la discriminazione di genere, sono emersi aspetti nuovi e consequenziali quali le dimissioni volontarie, le difficoltà a conciliare i tempi di lavoro con la vita personale, le implicazioni del telelavoro, la rassegnazione nella ricerca di un impiego, la domanda insoddisfatta di lavoratori da parte dei datori, istruzione e formazione carenti o assenti rispetto ai profili richiesti, e non da ultimo, il crescente e preoccupante fenomeno delle morti bianche e degli infortuni professionali, di tristissima attualità. Dinamiche che ci pongono dinanzi a nuove sfide, anche culturali, che devono interrogarci cristianamente, senza relegare le istanze esclusivamente alla politica, o a chi per essa, che mostra sempre più tutti i suoi limiti, almeno per come viene vissuta oggi, nell’affrontare per tempo nuove problematiche e di carattere strutturale.
Di qui, la speranza, che con il Messaggio dei Vescovi italiani di quest’anno, guarda soprattutto alle nuove generazioni. Prende così corpo il disegno di ripensare l’economia, partendo dagli spunti che provengono da una rinnovata umanità, che mettono al centro la persona e il creato, anteponendo la sua funzione sociale a quella di mera generazione e distribuzione di ricchezza. A dimostrazione che ciò che è solo fine a sé stesso, non pone rimedio alle innumerevoli implicazioni che ne derivano, se non vengono immessi al contempo contenuti di valore, dando un’anima anche allo sviluppo dei processi. Si tratta di ridare dignità e senso all’opera del lavoro in una dimensione che ci renda davvero armoniosamente partecipi della creazione. E le cosiddette buone pratiche già crescono e si diffondono, il loro esempio è di grande testimonianza, oltre la sola e semplice rivendicazione.
L’augurio quindi di speranza a tutti da parte dell’equipe diocesana del MLAC di un rinnovato 1° Maggio, con persone e lavoro al centro.

Orazio Brogna
(Segretario diocesano Movimento Lavoratori di AC)

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