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L’uomo e le sue ambiguità: l’ironia di Pasotti al Giuffrè


BATTIPAGLIA – Giorgio Pasotti al Teatro Sociale Aldo Giuffrè. Sabato 2 febbraio: l’ironia va in scena con lo spettacolo “Forza, il meglio è passato”, per la regia di Davide Cavuti.
Che cos’è? Non uno spettacolo soltanto. É un gioco analitico di testi, danze e musiche che riesce a delineare la fisionomia paradossale della societàitaliana. Un’ora e venti di gustosa performance, tutta intessuta di umori estratti con brio dal verbo geniale di Flaiano; una ‘carrellata’ (così si dice nel gergo cinematografico) di figure ed eventi sospesi tra passato e presente; una visuale panoramica quasi lanciata a grandangolo in platea come una disamina ‘en tranchant’ di esperienze e testimonianze, costellata com’è di eloquenti contrasti sull’ambigua condizione dell’uomo moderno.
Appuntamento alle ore 21 in via Guicciardini. Giorgio Pasotti continua ad esibire il volto tragicomico della nostra epoca, dando mimica e parola all’anima malconcia di miti ormai avvolti in un’aura crepuscolare, prima che il sipario della storia cali sulle domande essenziali della vita e impedisca di condividerne le risposte. Il teatro serve anche a questo.
E, in tutto questo, pare che l’attore bergamasco si diverta e, invero, non smette da anni di divertirsi, sperimentando registri performativi in grado di combinare evasione e denuncia, impegno e leggerezza. Lo ha fatto per più di due decenni d’intensa attività cinematografica, come attore e regista, guadagnando consensi e riconoscimenti nel panorama culturale dentro e fuori i confini nazionali. A lui, non a caso, è andato nel 2007 il Premio Gianmaria Volontè come miglior attore dell’anno.
Ora, tra la tv e il grande cinema, Pasotti va affermandosi – quasi assecondando una traiettoria parallela a quella finora seguita – come interprete d’eccezione del palcoscenico italiano, modulando ruoli e registri nella finzione magistrale del teatro contemporaneo. Si consideri che il suo debutto in teatro risale al 2000 come protagonista, insieme a Stefania Rocca, in “Le poligraphe” di Robert Lepage. Pasotti sembra incarnare cento vite. E non delude mai. Con lui in scena, il meglio – checché ne pensasse Flaiano – arriva sempre. (g.f.)

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